Page 7 - FORRA DI PESCHIO ROSSO
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Leggenda più famosa, ma questione anche molto dibattuta da studiosi e semplici
appassionati, è quella della preta r’ ru carr (“pietra del carro”, come diciamo a Monteroduni) o
p’dàta r’ ru carr (“orma del carro”, come invece dicono a Vallelunga), cioè delle misteriose
incisioni che appaiono sulla roccia viva lungo la mulattiera che scende verso Monteroduni, dopo
aver superato il ponticello sulla Rava. La leggenda vuole che quei segni sulla pietra siano stati
lasciati dalle ruote dei carri che dai più lontani tempi transitavano sul sentiero.
Una cinquantina di metri prima di arrivare alla preta r’ ru carr, in corrispondenza della
decisa svolta che la mulattiera effettua sotto il Colle Torricella, si trova uno stupendo affaccio
naturale che mostra il Peschio Rosso in tutta la sua terribile imponenza. Di qui non è difficile
ascoltare il canto armonico di un cucù, o assistere al planare di un astore, o di un fottivento
(un gheppio), o, se si è fortunati, di un’aquila reale, fra le pareti della gola sottostante. E lo
sguardo spazia rapito nella forra, sul lungo e profondo segno che la Rava delle Cupelle ha
inciso nei millenni fra le Pastorelle, Valle Perduta e Campo in Trivolo sulla sinistra, i Luparelli, le
Pagliare e le Pachiuse sulla destra, fino al suo termine nelle località Cupelle e Santo Spirito –
tutti luoghi ricchissimi di antiche e affascinanti storie – e poi nel Volturno, il venerato fiume che
cinge, nella piana, il versante sud-orientale del Matese.
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